Cucina vegana
Non mangeremo prodotti a base di uova e derivati dal latte durante tutto il ritiro. D’ora in poi tutti i nostri ritiri e ovviamente tutti i nostri centri di pratica, in Asia, Europa e Nord America, adotteranno la stessa regola.
La nostra pratica del momento è aiutare ciascuno a divenire consapevole del pericolo del riscaldamento globale, per dare il nostro contributo a salvare Madre Terra e tutte le specie.
Thich Nhat Hanh, “Lettera da Blue Cliff” 12 ottobre 2017
In quanto centro di pratica nella tradizione di Thich Nhat Hanh, a Pardesa serviamo e consumiamo solo pasti a base vegetale. Senza necessità di adottare etichette, accogliamo la cucina vegana come vera e propria pratica:
Apertura al cambiamento
Ci divertiamo a creare pasti sani, buoni e creativi. Per chi non ha l’usanza di seguire un’alimentazione a base vegetale, la nostra cucina è un’ottima occasione di provare qualcosa di nuovo e di scoprire che è possibile gustare piatti deliziosi nutrendosi in un modo diverso.
Insieme apriamo anche la strada ad un cambiamento collettivo verso una società che dà valore alla sostenibilità e alla compassione.
“Da dove viene? E dove va?”
Questa pratica, come un gioco di bambini, ci invita ad esplorare le cause e le condizioni dalle quali dipende ogni pasto. È un invito a non dare per scontato ciò che abbiamo davanti agli occhi, e nel piatto, e a riconoscere i tanti legami che ci collegano al mondo umano, animale, vegetale e minerale.
La pratica di guardare in profondità può portare gratitudine, riconoscimento e vicinanza rispetto a persone ed esseri apparentemente lontani, o diversi, da noi.
Contatto con gioia e sofferenza
Nella pratica meditativa sviluppiamo il coraggio di guardare con onestà, sia il funzionamento della nostra mente che l’effetto delle nostre azioni. Spesso, le nostre abitudini – di pensiero, di parola e di azione, sia individuali che collettive – sono motivate e sostenute da convinzioni e da certezze che, grazie al nostro impegno alla verità, si ammorbidiscono e lasciano spazio all’apertura e all’empatia.
Il lato positivo dell’esporci alla sofferenza è che ci apre la porta alla compassione e quindi all’azione benevola. Consapevoli dei danni all’ecosistema e agli esseri provocati dalle scelte collettive di alimentazione, sapere di nuocere meno e di proteggere la vita è una forte condizione per la gioia e la soddisfazione.
Per approfondimenti
- Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Perché il clima siamo noi
- Thich Nhat Hanh, L’unico mondo che abbiamo
- “Terra!” La contemplazione prima di mangiare che si legge a Pardesa